Il "sesto senso" calabro

"Ao', se vede che sei Calabrese, sei de coccio!"
E' una delle tipiche espressioni che la maggior parte dei calabresi a Roma s'è sentito rivolgere almeno una volta nella vita insieme al relativo gesto del pugno che bussa sulla mano.

Non conoscevo questo modo di dire prima che mi venisse rivolto personalmente nel periodo in cui ho vissuto nella Capitale. I romani lo usano quando si trovano di fronte una persona testarda e inizialmente l'avevo presa come cosa positiva. Tornando in Calabria dopo qualche anno, mi sono però reso conto che di positivo nella nostra testardaggine c'è ben poco.

In noi non vi è infatti solo una sana ostinazione, un non arrendersi facilmente, ma anche una forte propensione ad affidarsi ad una sorta di sesto senso, il sesto senso calabro, che si manifesta più volte durante il giorno e tutti i giorni in tutti i calabresi.

Possiamo avere di fronte un premio Nobel, Zichichi, o il vicino di casa, ma ogni sua affermazione, anche scientificamente ben spiegata e nel dettaglio, verrà stoppata
con la classica domanda: "Ma sei sicuro? No perché io penso che..". Ovviamente senza contestare nulla nello specifico, senza elaborare una contro tesi, ma pronunciando solo una sentenza. E ciò può capitare a casa, a scuola, a lavoro, sui mezzi di trasporto. "Scusi è questo il treno per Cosenza?" "Si signora!" ma nonostante binario, ora e direzione siano quelli giusti potresti sentirti rispondere "Sicuri? Io avevo letto/pensavo che era un altro.."

Non so se sia ansia o diffidenza, spiegabili per ragioni storiche e sociologiche, o altro, ma ogni giorno in Calabria la maggior parte delle affermazioni viene contrastata così.

Non nel merito, non con il ragionamento, ma sulla base di un vero e proprio "sesto senso" che di miracoloso ha ben poco visto che poi truffe e incomprensioni sono all'ordine del giorno.
Non ci si rende conto che si vivrebbe molto meglio se invece di affidarci a sensi e alla capacità di persuasione dei nostri interlocutori ci concentrassimo sul capire da soli, informandoci o riflettendo in silenzio un attimo, se ciò che ci viene detto è quantomeno verosimile.

Si annullerebbero ansie, equivoci e nervosismi e soprattutto si eviterebbero situazioni paradossali che per esempio ancora oggi si verificano nella nostra regione quando ci si affida a veri e propri santoni impersonati di volta in volta da medici, dentisti, avvocati, politici.
Si diffida di tutto e di tutti, ma poi anche per scelte della nostra vita quotidiana ci si affida, per "autorevoli" consigli, a personaggi che noi riteniamo di fiducia solo per il fatto di essere "in vista". Dei loro pareri non mettiamo in dubbio quasi nulla, e a volte evitiamo persino di soffermarci sulle loro competenze tecniche specie se ci ingraziano con "esclusivi" sconti, interessate attenzioni e false promesse. Fenomeno, retaggio di un passato che non abbiamo mai superato, come quello dei regali in natura (cesti, vino, frutta e verdura) fatti a professionisti e impiegati che hanno fatto nulla più che il loro dovere.

Saremo anche "de coccio" come dicono i romani, ma continuando così non smetteremo mai di essere in tutti i sensi come il coccio: all'apparenza duri, ma in fondo inevitabilmente fragili.

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