La Calabria impoverita dai calabresi..

Degli anni a Roma ho molti ricordi ancora nitidi nonostante sia passato un bel po' di tempo.

Ciò me lo spiego perché a questi episodi sono legate piccole e grandi rivelazioni e riflessioni che pur non avendomi, ognuna singolarmente, cambiato la vita di sicuro hanno contribuito a farmi guardare da diversa e migliore prospettiva le cose.

Risale a “Roma” per esempio la scoperta dell'esistenza della Provola Silana o Silano. Ricordo perfettamente il leggero imbarazzo che ho provato nell'ammettere che per me calabrese del sud la provola fosse esclusivamente un famoso formaggio a pasta filata del nord.

Tornato giù alla prima occasione ho verificato come anche nella mia provincia esistesse il Silano, ma come giustamente ricordavo non avesse tutto quel seguito e apprezzamento che si aspettavano le mie conoscenze romane. Tempo dopo, con altrettanto stupore, scopro che una delle più grandi catene di grande distribuzione organizzata ha tra i propri prodotti marchiati una scamorza prodotta a Reggio Calabria che mai avevo sentito nominare o avevo visto tra i banco frigo calabresi.

Che qualcosa in Italia e soprattutto in Calabria non andasse e ancora non va l'avevo quindi già intuito, ma la prova del nove l'ho avuta abitando qualche mese a Reggio Calabria dove sotto casa assaporavo con gusto la mozzarella di Monasterace (a 130 km da RC) che però non sono mai riuscito poi a trovare nella Locride, territorio di cui Monasterace fa parte.

Sempre tra gli scaffali dei supermercati di Reggio Calabria ho trovato detersivi prodotti nella Locride mentre in questa zona vengono venduti detersivi fatti a Reggio e così via. Solo a Cosenza e dintorni ho trovato una certa autosufficienza tra produzione e vendita.

Non è solo un fenomeno calabrese purtroppo e questo l'han messo in luce recentissime operazioni delle forze dell'ordine che hanno stroncato organizzazioni che imponevano il trasferimento e il confezionamento forzato nel Lazio e in Campania di prodotti ortofrutticoli freschi siciliani per poi ritrasportarli per la vendita anche in Sicilia lucrando quindi su un'inutile trasporto che danneggiava produttori che si vedevano imposti un prezzo di vendita più basso e i consumatori che si ritrovano sul mercato prodotti più costosi e meno freschi di quanto sarebbe stato possibile.

Come per la famosa e famigerata crisi anche questi sembrano fenomeni più grandi di noi e che non possono aver fine. Invece la realtà è che sia la maggior parte delle crisi economiche che le “stranezze” del mercato possono trovar soluzione nei comportamenti delle singole persone, che sommati producono effetti inimmaginabili per l’individuo e per la società.

Basterebbe chiedere, anzi pretendere, al piccolo e grande negoziante di farci trovare il prodotto locale. Basterebbe scegliere il prodotto artigianale locale che sia esso alimentare, di vestiario, d’arredo, magari pagandolo un po’ di più, ma con la consapevolezza che sarebbero soldi ben spesi sia per la maggiore qualità sia perché rappresenterebbero risorse che continuerebbero a girare in maniera diffusa, ovvero tra più persone, ma intorno a noi. Basterebbe quindi essere consapevoli della propria responsabilità sociale e di come funziona l’economia.

Quando una società non produce più nulla infatti è destinata alla povertà.

Da sempre ci consoliamo dicendo che almeno i prodotti alimentari sono la nostra forza. Convinzione che però potrebbe iniziare a scricchiolare se come mi è capitato l’altro giorno si iniziasse a prendere atto che tra gli scaffali di alcuni supermercati della Calabria fanno già bella mostra dolci cinesi e “prodotti tipici calabresi” interamente fatti…in Emilia Romagna…

Commenti

Post popolari in questo blog

Il federalismo solo a parole: il caso Misaggi alla Regione Calabria

Papaveri e asfalto: un fenomeno di Calabria

Call center chiama, elettore risponde