Sogni, repressioni..e psicofarmaci

Sotto l’ombrellone non si parla d’attualità se non per il minimo indispensabile.
Si, è vero, può capitare di imbattersi in accese discussioni di natura geopolitica, ma niente che vada oltre un leggero scambio d’opinioni. I politici lo sanno e proprio tra luglio e agosto la storia parlamentare d’Italia è zeppa di decreti e leggi di poco nobile contenuto.

E’ estate anche per me e quindi da buon italiano preferisco, consapevole di aver torto, non parlare d’attualità, ma di osservazioni e riflessioni che credo siano patrimonio comune di noi tutti.

Agosto è il mese in cui TUTTI tornano. E tra sdraio e lettini mille accenti calabroitaliani.
C’è il calabrese di Roma, quello di Torino, quello lombardo veneto e ovviamente quello che arriva dall’estero. E in questo vortice di dialetti tante storie di vita ed episodi che volano in riva al mare.

Storie di persone che hanno lasciato la Calabria, ma che almeno per qualche motivo tornano ogni estate. C’è il vero nostalgico che già solo con gli occhi comunica il suo rammarico e la sua malinconia nonché la gioia di riesserci e c’è anche chi torna solo ed esclusivamente perché non ha i soldi per andare a fare le vacanze altrove. C’è chi non fa altro che lamentarsi della propria terra e di quanto sia bello dove s’è trasferito, ma così come lì è ligio ed educato si comporta da peggior cafone qui dove è nato. Li accomuna comunque una cosa. L’aver dovuto o solo voluto lasciare la propria terra. Da quando sono ritornato a vivere stabilmente in Calabria ho cercato di capire ed osservare chi non se ne era mai andato e allo stesso modo chi era andato via per sempre.

Col passare del tempo quella che all’apparenza sembrava indifferenza o menefreghismo per i mali della nostra terra si era rivelata ai miei occhi come senso di impotenza e rassegnazione dovute al sentirsi da soli e isolati e al non riuscire a trovare una via d’uscita collettiva.
Ultimamente la mia attenzione si è concentrata invece sui comportamenti e i ragionamenti che riguardano la sfera personale di molti miei corregionali. Specie in provincia è forte la malinconia, a tratti apatia, che avvolge la singola persona. Ma sotto questa grigia apparenza ho incontrato sogni inespressi e non realizzati. A tutti i livelli e di varia natura. Storie e vite che non decollano per quieto vivere, per mancanza di coraggio o semplicemente perché non si da dove iniziare.

Se si trattasse di speranze troppo ambiziose o realmente molto difficili da realizzare sarei anche io rassegnato e probabilmente non avrei scritto queste righe. Però molto spesso si tratta di piccoli grandi sogni che potrebbero essere realizzati qui senza bisogno di scappare, affrontando con determinazione gli ostacoli, soprattutto mentali, propri e altrui. Ostacoli che forse non sono mai stati riconosciuti come tali e come grosso freno al nostro sviluppo economico e socio culturale.

Barriere che impediscono ogni giorno a tantissimi calabresi di prendere in mano la propria vita e di cambiarla con piccole grandi svolte che senz’altro la arricchirebbero più di quanto non farle arricchisce le case farmaceutiche che nella nostra regione fatturano, chiedete ai farmacisti, milioni di euro solo nel mercato degli psicofarmaci.

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