Call center chiama, elettore risponde

..e non capisco con quale causale, ogni città ci fanno un ospedale..”. Una volta erano gli ospedali.

Uno in ogni città o quasi. Profazio nella sua canzone “Qua si campa d'aria” faceva finta di non capire. Di non capire perché al Sud proliferassero tutta una serie di strutture e infrastrutture di per sé utili, ma non se presenti ovunque e in modo spropositato. Era una ovviamente una provocazione da cantastorie d'altri tempi, ma ancora attualissima.

Gli ospedali, così come quasi tutte le strutture pubbliche, erano e sono centri di potere e/o bacini elettorali. “Tu mi voti? Ti trovo un posto di lavoro. Tu non mi voti? Vafan...tu e tutta la tua generazione!” (cit. La Qualunque Feat politici locali). Addirittura molti in passato sono stati costretti a pagare vere e proprie cambiali finanziarie al politico di turno, oltre ovviamente al voto di scambio a vita, in cambio dell'assunzione pubblica. Concorsi? Si, ma in associazione a delinquere e mafiosa!

E' questo giochetto che principalmente ci ha portato al disastro economico pubblico e sociale collettivo. Un intero Paese, perché fenomeno anche del resto d'Italia, e che ha inciso sulle casse pubbliche locali e generali, schiavo di potenti e blocchi di potere.

Il danno è stato non solo per le casse pubbliche, ma anche sull'economia e sulla società di ogni territorio interessato. Ovunque sia nato un ospedale dal nulla, con la sua relativa infornata di assunzioni pre e post elettorali, si è disgregato il sistema economico e sociale.

Una miriade di artigiani, commercianti e di braccianti agricoli ha messo da parte le proprie capacità per raggiungere il reddito certo e duraturo improvvisandosi infermieri (all'epoca bastava frequentare scuole di specializzazione all'interno delle USL anch'esse lottizzate e in mano alla politica) e impiegati di vario tipo. Ovviamente con dovute eccezioni, ma spesso svolgendo controvoglia e male le proprie mansioni.

E intere comunità sono rimaste d'improvviso senza calzolai, sarti, carpentieri ecc.ecc.

E intere collettività sono state per decenni rappresentate e governate da politici ormai svincolati da qualsiasi controllo dei cittadini, ma intoccabili per via del blocco di voti dei riconoscenti schiavi inconsapevoli o meglio incoscienti del danno che in cambio di uno stipendio, se pur dignitoso, avevano arrecato se non alla propria dignità almeno alla propria terra.

Perché è ovvio che chi non ha più da temere dal controllo diffuso della popolazione poi fa quel che vuole. E gli amici degli amici prosperano. Se va bene vincendo appalti anche se non si è migliori oppure ostacolando il normale sviluppo economico in favore di monopoli grandi e piccoli.

Se va male venendo favoriti affari criminali che mettono a rischio la vita e la salute di tutti come nel caso di protesi difettose, traffici di rifiuti pericolosi, opere inquinanti.

Questo accadeva una volta. Oggi in misura minore, ma non perché è cambiata la mentalità, ma perché nel pubblico sono minori le possibilità d'assunzione visti i tagli di bilancio.

Adesso il gioco è più sottile, è raffinato, ma non cambiano i protagonisti: soldi pubblici, interessi privati e politici, vite e dignità calpestate.

E' il caso dei call center e delle cooperative di servizi. Qualcuno si è mai chiesto perché quasi ovunque i call center sono legati a politici o gruppi di potere? E' ovviamente un caso che questi ottengano prima ingenti finanziamenti pubblici in teoria ottenibili da chiunque. E' ovviamente un caso che la maggior parte delle assunzioni avvenga in periodi pre e post elettorali. E' ovviamente un caso che i candidati alle elezioni siano quasi sempre vicini a queste realtà.

Nulla di male in una nazione democratica. Però ci sono molte analogie e logiche forse più perverse rispetto al passato. Una volta il baratto era con il reddito certo e sicuramente più elevato rispetto alla precedente condizione. Adesso il baratto è un minimo vitale e sempre precario in barba a studi, talenti e iniziativa individuale.

Ovviamente non va demonizzato il concetto di call center in sé in quanto può essere un dignitosissimo modo per sostenersi gli studi o periodi medio-brevi tra un lavoro e un altro, ma per ritmi e prospettive non può essere nella totalità dei casi, è riconosciuto, una scelta di vita.
Così come non può essere considerato il perno fondamentale dell'economia di un territorio.

E' forse uno dei sistemi più subdoli di precarizzazione economica e sociale della persona umana e della società. Perché con l'inganno del reddito "meglio di niente" invoglia il singolo a non impegnarsi per trovare la propria strada personale. Limitando la "fame", l'ambizione di crescita.

Senza fare nomi basta pensare alle realtà a noi più vicine in tutta la Calabria. Phonemedia e Why Not sono i casi più celebri.

Il famoso cane che si morde la coda ha in questi casi la sua espressione massima: il gruppo di potere usa soldi pubblici per realizzare, distrugge tessuto economico sociale precarizzando, ma con l'illusione collettiva di portare ricchezza, mantiene il potere soprattutto politico grazie a chi è ricattato di fatto o moralmente (“debiti di riconoscenza”), il sistema fa di tutto per mantenersi in vita limitando, grazie alla politica che controlla direttamente, le opportunità di sviluppo sociale ed economico autonome dal sistema.

Per poi lasciare sulla strada centinaia di famiglie se il giocattolo si rompe, per mancanza di finanziamenti pubblici o commesse private o anche solo perché non più funzionale al sistema, e si decide di chiudere o trasferirsi altrove per ripetere l'esperimento.

Questo inferno dorato trova poi le massime espressioni nell'annullamento di fatto di ogni diritto all'interno di queste realtà.

Il cerchio perfetto si realizza nel caso in cui si imponga ai lavoratori sindacalisti vicini alla proprietà, ma dipendenti, in ruolo di gestione delle risorse umane. Lavoratori quindi tutelati da chi li gestisce ovvero gestiti da chi poi ottiene l'incarico di tutelarli. Come se non bastasse può capitare che queste persone vengano poi candidate a pubblici incarichi ovviamente sicure di essere votate.

Ovviamente sicure di non dover rispondere a nessuno se non alla proprietà che ha fin dall'inizio imposto questo sistema. Realizzando in chiave moderna ciò di cui gli amici degli amici hanno sempre goduto.

Deliri e congetture calabroitaliane e per averne smentità basterà chiedere in giro a chi, per forza di cose, può saperne di più.

Un mio concittadino di circa 2700 anni fa, Zaleuco, primo legislatore occidentale della storia in una delle sue Leggi scriveva “Ai Locresi non è dato possedere né schiavi né schiave” e questa frase è addirittura riportata sul pavimento della sala del Consiglio Comunale della Città di Locri.

E' amaramente ironico che ventisette secoli dopo proprio in Calabria, terra dove si sentì l'importanza di scriverla, venga calpestata qua e là, e non solo letteralmente sul pavimento come a Locri, questa antica lezione di civiltà.

QUA SI CAMPA D'ARIA


FUGA DAL CALL CENTER - TRAILER

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