Replica a Pier Luigi Celli, non è giusto fuggire dall'Italia

In risposta al Direttore Generale della LUISS che invitava, dalle colonne di Repubblica, suo figlio a fuggire all'estero dopo la laurea ho prontamente scritto a lui e a Repubblica questa mia replica.

Gentile Direttore Generale,ho appena letto, da poco sveglio, la lettera a Suo figlio inviata a Repubblica.
Da studente Luiss ho imparato a conoscerLa durante gli incontri organizzati dall'Università e devo dire che sono rimasto sconcertato dal leggere quelle righe.

Non perchè non riportassero un'amara realtà.

Non perchè non mi rendessi conto di quanto fosse terribilmente vero ciò che siamo diventati, come società, come Italia. Ma rimango sconcertato per l'invito a prendere atto di questa situazione e di conseguenza l'invito a lasciare l'Italia.

Chi scrive ha sempre rimproverato a suo padre ciò che lei autonomamente si attribuisce. Sono fermamente convinto che l'Italia di oggi sia purtroppo frutto dei comportamenti di ieri.

Ma è proprio per questo che da anni, anche seguendo l'esempio di mio padre che non ha mai smesso di sognare e di impegnarsi per un'Italia migliore io mi impegno in prima persona affinchè sia io tra qualche anno che chi verrà dopo possa vivere in un posto migliore.

Le parlo da calabrese. La Calabria vive e ha vissuto già da molto tempo ciò che l'Italia vive in questi anni.

La diaspora dei calabresi, prima come forza lavoro, poi come cervelli e forza lavoro è cosa che risale a tempo ormai immemorabile.

Così come i giovani calabresi si disperdevano tra Roma (come me), Bologna, Firenze, Milano adesso è il giovane studente italiano a disperdersi tra Londra, Barcelona, Boston e New York. Questo fenomeno ha già per molto tempo privato di giovani e grintose energie il Sud.

E adesso sta facendo lo stesso per l'Italia. Ma non è andandosene che si risolverà il problema. E non basterà andare via per essere felici. Così come i calabresi rimangono legati alla Calabria e ne soffrono nel vederne il mancato sviluppo lo stesso sarà per gli italiani per l'Italia.

E allora cosa bisognerebbe fare? Non lo so. So che ho fatto io e quali sono le mie convinzioni.

So che avendo preso atto che il nostro problema di calabresi è quello di star fuori ed essere isolati, anche vivendo in Calabria, sia fisicamente che mentalmente ho provato a superare questo problema creando un sito internet che è poi diventato un riferimento virtuale (e quindi accessibile da ovunque) per tutti i giovani della mia zona gettando le basi per un laboratorio culturale di critica e confronto che è poi sfociato in una importante associazione giovanile molto propositiva che è stata da esempio per tanti altri che adesso credono che le cose siano possibili se ci si mette a farle in prima persona, se ci si mette in gioco in prima persona. Senza aspettare che siano gli altri a farle o che calino dall'alto.

E adesso, pur non avendo finito ancora, ahimè, gli studi presso la nostra Università sono tornato con convinzione giu' in Calabria (d'altronde ero partito per essere "pronto" a tornare).

Perchè non riuscivo piu' a vivere in una condizione di bilico che mi vedeva fisicamente a Roma e con la testa (progetti, sogni) e con il cuore in Calabria. Adesso sono finalmente felice perchè diffondo, trovando molti consensi e tuttavia ancora qualche critica (da rassegnazione), l'idea che le cose possono cambiare. Se ci si mette in rete. Se ci si impegna ognuno nel proprio piccolo per una Calabria diversa, un'Italia diversa.

Applicando proprio ciò che ho imparato lì alla LUISS a proposito delle "esternalità di rete", dei vantaggi reciproci derivanti dall'espansione di una rete che crea un virtuoso sviluppo e benessere.

E ciò è descritto da una metafora detta "della collina".
Se su una collina vi è un albero solo le sue radici non potranno mai difendere la collina dagli smottamenti e dalle frane derivanti dalla pioggia.Se ci fossero due alberi non cambierebbe poi molto. Ma se l'intera collina fosse alberata difficilmente ci sarebbe pioggia o diluvio in grado di sfidare e vincere la "rete di radici" e di provocare quindi una frana.

Per questo non condivido l'invito a Suo figlio. Per questo credo sia invece necessario, da Italiani, mettersi insieme, fare rete, impegnarsi per un'Italia migliore. Ovviamente ciò non sarà nè facile nè indolore e ovviamente non privo di sacrifici.

Ma Le assicuro che porterà soddisfazioni molto profonde sia nell'animo che di natura piu' materiale. Tutto questo per evitare che si diffonda anche in Europa ciò che è successo in Italia e ancor prima in Calabria. Spesso i problemi sono di responsabilità collettiva.

E se non li si affronta essi dilagano e ci raggiungono presto o tardi ovunque.Gentile Dott. Celli, la mia lettera non è di richiamo nè di critica, ma se Le ho scritto è proprio per la stima che nutro nei suoi confronti e come all'interno dell'Università ci ha insegnato il confronto e lo scambio di idee sono alla base della crescita morale e sociale di una collettività.

Distinti saluti
Antonio Guerrieri

Studente Luiss fuori corso per inopportuni problemi fisici, affari di "cuore", e sogni rincorsi e REALIZZATI qua e là.

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